Oggi sono un po’ triste. Una persona a cui tengo tra poche ore parte e nn so quando tornerà. Parte per un viaggio lungo e avventuroso. Verso una destinazione lontana e a me sconosciuta.
Ma il fondo il bello di un viaggio è proprio questo. Il cambiare ciò che ti circonda e, con questo, in qualche modo, cambiare un po’ anche quello che c’è in noi. Nn so se la persona che tornerà sarà la stessa che è partita.
Ma sn felice che lo abbia fatto.
È parecchio che nn faccio un bel viaggio. Un po’ mi manca. Mi mancano quelle estati con due lire in compagnia dello Sciarpino. Erano massacranti ma tornavi “come nuovo”. Perché una cosa, più di altre, va riconosciuta alla dimensione del viaggio: Ha una notevole componente catartica.
Una condizione in cui essere onesti con se stessi è più semplice perché tendiamo a nn farci schiacciare da sovrastrutture e convenzioni di culture diverse, perché nn le conosciamo. Ma neppure dalle nostre, perché lontani da casa tendiamo a nn applicarle: Nn verrebbero capite.
Il viaggio è un momento per fare il punto. Per risettare le priorità, per scoprire tanto di nuovo ma, a volte, comprendere il valore di quanto si è lasciato o la sua assoluta inconsistenza.
La cosa difficile, in questi anni di viaggi mancati, è stata quella di cercare di guardarmi dentro come se fossi solo e a 30000 km da qui. Senza dare conto ad altri, se nn a me stesso, di chi o cosa volessi essere o diventare.
E vero, come dicevo stasera, forse io nn ho una grandissima immaginazione e nn scriverò mai di posti che nn conosco (al contrario, avrei voluto fare il cronista per descrivere con obiettività quanto mi si parava davanti), eppure sono riuscito a rivedere la mia vita e le mie priorità nn grazie ad un percorso itinerante ma da una prospettiva orizzontale. O, se preferite, da fermo.
Quando studi al liceo ti parlano della “catarsi delle passioni” che sublima la tragedia e che ti cambia dentro dopo averti portato il cuore all’apice del tumulto. Io questa esperienza l’ho vissuta in 10 minuti una notte di 3 anni fa in cui ho pensato che il cielo, e con lui la mia vita, mi stessero crollando in testa. E mi sono dovuto violentare per calmarmi e spiegare a me stesso che come il cielo sarebbe rimasto lassù, io sarei sopravvissuto. Beh, fuori di metafora, quella è stata la mia piccola tragedia. È bastato un attimo.
Come è noto però, quello che nn ti uccide ti rende più forte.
E io so il fatto mio.
Buon viaggio Pecetta