Ho sempre avuto una certa difficoltà a distinguere il mondo tra bianco e nero. Giusto e sbagliato. Vero e falso. Eppure spesso questa difficoltà, questa zona grigia, lo ha reso ai miei occhi più interessante.
O, se preferite, meritevole di una maggiore attenzione.
Il sistema binario, acceso/spento, 1/0, funziona bene sulle macchine, sui computer, ma anche in questo c’è un limite. Per citare il mitico Prof. Sciarpino, il gatto può essere vivo e morto allo stesso tempo.
La ricerca, priva di questa considerazione tratta solo una parte del reale. Precludendosi una analisi incredibilmente più ampia della vasta gamma dei “grigi” con notevoli potenzialità di scoperta.
Il margine tra giusto e ingiusto spesso nn è solo interpretativo. È sostanziale. Dove finisce ad esempio la tutela della persona e dove inizia l’accanimento terapeutico? Dove termina l’amor proprio e inizia l’egoismo? Quando possiamo parlare ancora di sentimento e quando invece di ossessione?
La capacità di giudizio, per essere oggettiva, necessita di saper prescindere dalle proprie categorie. Un vero e proprio estraniamento.
Ma come può il giudizio limitarsi al vero e falso, colpevole e innocente, quando tutto quanto ci circonda è una continua declinazione di sfumature?
Esiste il bello assoluto? Esiste il giusto? Quello che era considerato sbagliato mille anni fa lo è ancora?
O dobbiamo forse considerare che lo spazio e il tempo, la variabile positiva, hanno un ruolo tale per cui l’assoluto nn esiste ma esiste la cosa migliore qui e ora (e che domani, o altrove, sarà inevitabilmente sbagliata)? Che un assoluto esista ma solo per approssimazioni successive?
Possiamo dunque dire che se cambio casa e sn disoccupato nn faccio necessariamente una cazzata?
Ma soprattutto, posso sostenere che se mi sbafo questa mega fetta di torta ricotta e pere, qui e subito, magari domani e altrove sarò anche dimagrito???