Pomi d’ottone e manici di scopa, ovvero: una giornata Fantastica 


Oggi ho trascorso buona parte del mio tempo libero con due bimbi. 

Il maschietto ha un anno e mezzo ed è un “cucciolo di mammut” per citare la madre, ma è una definizione pienamente calzante. In ogni caso, al netto della “provenienza animale” è un personaggione. 

Lei, la femminuccia, ha tre anni ed è stata invece più volte apostrofata quale piccola dissennatrice ma che da quando aveva credo sei mesi è diventata la luce dei miei occhi. In un pranzo insieme è avvenuto l’imprinting e io sono uscito pazzo. Letteralmente. 

Mentre Lui, come i coniglietti suicidi (cercateli su google immagini) cercava disperatamente di porre fine ai suoi circa 18 mesi di vita, io ho passato il tempo a leggere con Lei favole di draghi e principesse. 

Una full immersion nel fantastico. In più ho cantato canzoni (che lascerò descrivere a chi di dovere), ho mangiato biscotti e, dopo avere fatto incantesimi a diversi mostri e maghi disseminati nell’appartamento, prima di andare via le ho infine regalato la mia famosa bacchetta magica (un mestolo in legno a forma di forchetta) e le ho persino insegnato le mie formule magiche da grande mago tra cui, per citarne solo alcune, Abra Cadabra, Sim Sala Bim (spesso usata dal primo cittadino di Milano) e Ala Kazam! Lei conosceva solo Salagadula megicabula bibbidi-bobbidi-bu, Etc. Pivella… 

Tutto questo senza arrivare all’Expecto patronum dì Harry Potter o alla Magia del Fare del film Excalibur (Anaal nathrakh, urth vas bethud, dokhjel djenve) per le quali serve, evidentemente, un livello più alto di competenza magica…

Era tanto che non La vedevo. Non nascondo che mi mancava. Ed ero disperato all’idea che dopo quasi un anno si fosse completamente dimenticata di Mommo. Cioè di me. 

Questo avrebbe straziato il mio cuore di zio. 

Invece no, in qualche modo si ricordava. In più adesso è abbastanza grande da ricordarsi di questa bella giornata e, in definitiva, del sottoscritto (che non a caso si è presentato, da buon ruffiano, con quasi un chilo di biscotti caldi al cioccolato comprati nel forno sotto casa).

Chissà, forse tutta la nostra vita è in fondo votata a questo: fare sì che qualcuno, siano essi pochi selezionati o migliaia poco importa, si ricordino di noi. E ricambino il nostro affetto, fossero anche due topolini…così. 

PS: Una menzione speciale per Matilde e la sua mamma, fondamentali questa mattina nel momento di panico gestionale, e per la mitica tata-Lara che parla la lingua del piccolo mammut manco fossero compaesani. 

La mia amica e suo marito non hanno bisogno di menzioni. Il mio amore per i loro figli è pallido riflesso dell’affetto che ho per loro. Grazie ancora a entrambi per questa splendida giornata. 

Apologia del trenino. O quasi

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Premetto che ho sempre amato viaggiare in treno. Il treno ha in sé una dimensione romantica e quasi fantastica. È un teatro perfetto per un romanzo giallo d’altri tempi, come il mitico Oriente Express, o per una vicenda amorosa tra due sconosciuti.
A differenza di un aereo guardi il paesaggio con una certa calma e puoi quasi toccare i luoghi che attraversi, apprezzarne i mutamenti e l’incredibile varietà, almeno in Italia.
Con il regionale, in primavera e estate, a finestrini abbassati avverti anche i profumi della campagna insieme a quell’odore forte, come di ferodo, dei pasticconi dei freni alle fermate, che fa di certo un male cane, ma che un giorno so già che mi mancherà.

Il treno è lo spaccato perfetto di una nazione. A bordo coesistono spesso i più disparati generi, razze, culture e strati sociali di un paese. Non voglio dire che basterebbe un convoglio a rappresentare uno stato ma di certo può esserne un affresco convincente.
Così il trasporto ferroviario e le sue condizioni possono dire parecchio altro di un Paese. Possono parlarci ad esempio del livello di civiltà, della tolleranza, dell’educazione e del grado di insicurezza che si avverte al suo interno.

In treno non ci si annoia quasi mai. Si riesce ancora a parlare, ovvero ad estraniarsi, a pensare, ad ascoltare musica, a leggere, ultimamente anche a documentare gli improbabili compagni di viaggio commentando in tempo reale con gli amici quello che ci circonda.
Certo capisco anche io che tutto questo sia un lusso e che quando hai poco tempo un treno ad alta velocità per fare Roma-Firenze è utile. Imprescindibile. Soprattutto se devi tornare a Roma in serata.
Ma no, continuo a ripetermi che il trenino regionale è bello, romantico, affascinante e cerco di trovare il lato stimolante del fatto che a Termini te lo piazzino sempre in binari fantasma che ti sembra di arrivare a piedi fino quasi a Latina per salirci, cerco il lato positivo di potere scegliere tra la sauna/bagno turco e il gelo polare sia in estate che d’inverno e soprattutto mi lambicco il cervello per motivare in modo costruttivo i vantaggi di certo insiti in questa sorta di yeti che si è tolta le scarpe e me le tiene sotto al naso da quasi due ore e poi tangenzialmente mi chiedo perché un treno regionale coi finestrini bloccati e senza neppure una presa elettrica impieghi 4 volte il tempo di percorrenza del treno veloce ma costi solo la metà invece di 1/4… Ma di certo ci sarà un ottimo motivo… Solo che al momento davvero mi sfugge!

Comunque crucciarsi per i finestrini bloccati non ha senso. Dopo due ore con questi piedi pelosi sotto di me (tipo Lo Hobbit) ho perso completamente l’olfatto e molte delle mie residue facoltà mentali, temo per sempre.