Che importanza ha?

Tornare a casa. Dove sei cresciuto. E sentire quel po’ di brezza. Un vento leggero che ti porta mille profumi. E all’improvviso avere la consapevolezza che parte delle tue passioni forse sono state influenzate da questo. Dal crescere su di una collina di fronte al mare. Dal godere di quella luce pazzesca, dei tanti profumi, e del vento. Quell’aria mai ferma che d’estate ti accarezza ma d’inverno ti gela, perché a casa mia tutto aperto, pure a gennaio.

E se il mio amore per le città di mare, l’amore per Napoli, la mia città, fosse legato non solo a quel blu meraviglioso, ma anche, più ancora, al vento? E se la ricerca del vento fin da piccolo, insieme a mille otiti, mi avesse portato pian piano alla passione per la moto, che tanta parte ha avuto poi nella mia vita (anche se di certo non mi ha migliorato l’udito)? Non saprei dirlo, davvero.

Ma, in fondo in fondo, che importanza ha?

AD10S

Y un día ocurrió. Un día lo inevitable sucedió. Es un cachetazo emocional y nacional. Un golpe que retumba en todas las latitudes. Un impacto mundial. Una noticia que marca una bisagra en la historia. La sentencia que varias veces se escribió pero había sido gambeteada por el destino ahora es parte de la triste realidad: murió Diego Armando Maradona.

Il Chiummo

Foto di Michela Corrado

In napoletano il termine “Chiummo” (lett. piombo) viene efficacemente utilizzato per rendere l’idea di un qualcosa il cui peso specifico appare sproporzionato. Una “pesantezza dell’essere” atta a rendere grave ogni circostanza.

Il partenopeo è portato geneticamente a trasformare ogni situazione in una pièce teatrale tragicomica. Per questo motivo, la mancata reattività ad una battuta è difficile da accettare e può costare agevolmente questo infamante epiteto.

Il Chiummo, infatti, per sua natura “pesantizza”. Per capirci, può ricordare molto il Carlo Verdone figlio dei fiori che parla col padre, Mario Brega: un fiorire (appunto) di filosofia e di approfondimenti su qualcosa la cui natura è in definitiva abbastanza spicciola.

La “pesantezza”, tuttavia, è un concetto assai vasto e che interessa diversi campi. A Napoli molti di questi hanno in realtà un’accezione positiva, perché associati storicamente alla sostanza e al benessere. Anche in italiano diamo “il giusto peso alle cose”. Il peso, quindi, a suo modo è un valore (il sovrappeso no, direbbe mia moglie, quello è un’altra cosa).

Una volta, un’anziana signora, titolare della pizzeria che mi aveva visto crescere (in altezza, ma anche in larghezza), per farmi un complimento davanti ad una bella ragazza disse: “Signuri’ tenetene conto di questo giovinotto. Questo è ‘nu guaglione di peso, qualità e misura!”.

Io capii che per lei era stato un vero e proprio panegirico, ma la mia amica, che doveva pensarla diversamente, non mi ha più chiamato…

Discriminazioni partenopee

Un napoletano deve rispettare alcuni standard qualitativi. Altrimenti viene guardato con estremo sospetto dalla popolazione autoctona e con sufficiente diffidenza da tutti i non napoletani.

Ahimè la genetica spesso non perdona e alcuni rami nordici della mia famiglia devono avere influenzato in modo irreparabile il mio corredo genetico, determinando alcuni fenomeni considerati parecchio strani.

Evito i lati caratteriali e mi soffermo solo sui gusti alimentari.

Devo dire che alcuni di questi, in una società sempre più infestata di vegetariani, vengono accettati con poco disagio, come ad esempio il fatto che io non ami il “piede e il muso” del maiale, piatto della tradizione campana ma per mia fortuna in disgrazia.

Altre cose però, come la bevanda nazionale per definizione, non passano sotto traccia così alla chetichella. Sì, è vero, non mi piace il caffè. Ma giuro di essere napoletano, pure orgoglioso e kazzimmuso.

Questo aspetto, in fondo, ha come reazione solo una generica disapprovazione e parecchie prese in giro sui miei effettivi natali, ma tutto sommato finisce lì.

Esiste però un qualcosa su cui il napoletano, amante della buona tavola, non può transigere in alcun modo. Tenetevi forte: la pizza con l’ananas!!!

Sì, come quella nella foto.

Se è vero che il napoletano per definizione è credente, la margherita con il cotto e l’ananas – conosciuta anche come Hawaiana – è quanto di più prossimo esista ad una bestemmia. E la cosa bella è che vengo additato anche dal resto d’Italia e da che pulpiti!

Io che potrei essere discriminato a buon diritto e per diversi ottimi motivi, sono esposto al pubblico ludibrio per una pizza!!!

Ho spesso la sensazione che un qualche valente giurista (ma diciamo pure unA in particolare) se potesse modificare il codice penale, mi metterebbe in cella e butterebbe la chiave (salvo poi portarmi prelibatezze quotidiane per il resto della detenzione – ne sono certo).

Insomma, la margherita col cotto e l’ananas, specie in estate, mi piace e me la mangio!

E lo so che adesso il Sindaco disporrà un bel TSO per il sottoscritto e già mi vedo braccato prima dalla sanità e poi dalla magistratura con i suoi occhialini e quel suo bellissimo sorriso beffardo che mi dice:

“Moichi, te lo avevo detto che prima o poi saresti finito sotto la mia Autorità!”