Rene, Trapianto di un Libro Cuore

20130609-032151.jpg

Sono cresciuto in un secolo breve in cui l’ideologia oramai era un qualcosa di superato e presto o tardi avrebbe lasciato il posto a Dagospia.

Sono cresciuto in una città dove la povertà nn è “appannaggio” dello straniero (e se nn parli bene in dialetto lo straniero sei tu).
Dove quando hai qualcosa quasi te ne vergogni perché quelli che hanno, troppo spesso, nn lo hanno guadagnato.

Sono cresciuto in una scuola “bene”, dove i rampolli della città “bene” mandavano i loro figli “bene” (ma che poi, tante volte, “bene” nn erano).
Ma io nn ero “bene” né male.
Io venivo solo da lontano.

Sono cresciuto in una classe anomala con docenti eccezionali e amici veri, che mi hanno trasmesso passioni e tormentoni, che hanno subìto i miei amori e le mie manie, ma mi sono sempre rimasti vicini. Ancora oggi.

Sono cresciuto una mattina in cui un capellone riccio e secco che scriveva su un giornale di nome “Rene” – Trapianto di un Libro Cuore – mi spiegò che il motivo per cui io ragazzino stavo lì, nn era per saltare la lezione, ma per cercare di capire perché avevano ucciso un magistrato.
La verità è che io allora nn sapevo neppure cosa fosse la magistratura.

Quel giorno però ho capito da che parte volevo stare.

.
.
.

PS: Negli anni sn stato “accusato” di essere di destra come di sinistra. Nn troppo chiattillo ma nn abbastanza alternativo. Troppo alla mano e con la puzza sotto al naso (giuro).
Un “cavernicolo vestito da profugo” da qualcuno e “troppo perfettino” da qualcun altro.
Tutto questo forse in un primo tempo nn ha aiutato la mia identità, ma di certo nn mi ha costretto in categorie che nn mi sono mai appartenute.