Usi e costumi del palazzo imperiale di Mostàh-Khàn

 
 

In questo periodo, con una certa frequenza, mi reco nella esotica Mostàh-Khàn, ad una latitudine imprecisata nei pressi del mitico Gràh, il fiume circolare, unico nel suo genere. 

Più di una volta ho bighellonato (e mi sono anche perso) nei meandri del grande palazzo imperiale, che affaccia sul Gràh e che, secondo la leggenda, pare sia stato edificato ad opera di un’antica regina chiamata El-Enàh. 

L’architettura del grandioso edificio è cromaticamente sobria. Diversa da quella tipica locale dai colori variopinti. Tutti i lavoranti del palazzo indossano delle caratteristiche vesti bianche, alcune lunghe fin sotto al ginocchio, altre più corte, ma sempre abbottonate sul davanti, secondo la cultura locale. 

Qualcuno, più alla moda occidentale, sfoggia oggi sotto la veste una camicia con cravatta oppure indumenti differenti con scollo a “V”, secondo gli usi tribali. 

Il palazzo è sempre pieno di visitatori che, a seconda dei diversi orari della giornata, in osservanza della propria religione, praticano particolari tipi di infusioni che pare rilassino parecchio oltre a fare davvero bene. 

Mi ha colpito notare come i locali, su quella sorta di tunica cui accennavo, abbiano cucito un taschino dove collezionano lapis e penne in quantità, oltre a strani foglietti colorati, forse utili per i frequenti riti propiziatori. In particolare ha attirato la mia attenzione uno dei gingilli che portano al collo, a mo’ di crocifisso. 

Si tratta di un oggetto dalla forma circolare. Una sorta di disco con un piccolo foro centrale collegato con una struttura tubolare in gomma a forma di “Y”. Questa non richiede di essere messa intorno al collo ma vi aderisce grazie ad un ingegnoso sistema metallico. 

Secondo la tradizione locale, posizionando le estremità della “Y” nei padiglioni auricolari, attraverso il disco è possibile sentire la vita di un altro essere umano! 

Un po’ come quando si dice che poggiando all’orecchio una conchiglia si sente il mare. Buffo no?!

Mi hanno sempre affascinato le credenze indigene. Così strane e, in fondo, ingegnose. E mi sono chiesto se la nostra civiltà, per noi così moderna e scientifica, un giorno verrà giudicata, con ironia e condiscendenza, da altri.