Sabato in ufficio. Un’esplosione di colori…

Tutti il sabato preferiremmo stare a casa a dormire, ma a volte tocca lavorare.

Eppure questa eccezionalità ha dei lati positivi. Tutto risulta leggermente più tranquillo, anche un filo più lento.

Si avverte meno rigidità, meno nervosismo e una minore formalità, sia nell’approccio che nel vestiario.

E così, con l’inverno alle porte, è possibile vedere tanti colori in tanti capi di abbigliamento. Nei maglioni (i più belli oggi sono rosa e verde scuro) molti jeans (con scarpe da ginnastica bianche o stivaletti), alcune camicie (crema e verde militare) e una bella maglia blu scuro (che saltella).

E chi l’ha detto che solo la primavera è una esplosione di colori? Per me lo è anche un sabato in ufficio

Un “serio tentativo”

In questi ultimi sei mesi ho temuto di non farcela. Sia chiaro, non credevo che non ce l’avrebbe fatta chi doveva. Il miracolo, perché di questo dovremmo parlare, c’è stato.

Temevo di non reggere io. Emotivamente.

Sapevo di essere al limite. Sapevo di avere bisogno di “mettere carne a cuocere” ma di non poterlo fare, non in questo momento.

Temevo che se mi fossi fermato, se avessi esitato anche solo un attimo, sarei crollato. E quindi continuavo a rilanciare. Sempre più cose. Sempre più ripido. Sempre più veloce.

Poi è venuta l’estate. E mi sono dovuto fermare.

Ero destabilizzato, non potevo più rilanciare e ho avuto paura. Paura di non riuscire. E invece il tempo è passato e le cose sono andate avanti. I rapporti personali, l’affetto, l’impegno, la professionalità hanno tenuto. La squadra ha tenuto. In alcuni casi ho assistito a curve di apprendimento verticali per oltre due mesi. Razionalità e passione. Il meglio dei diversi approcci ma con un solo obiettivo.

Persone che non dormono, che non mangiano, che stanno male, ma non mollano. Mai.

Ho visto l’invidia. Ho visto la superficialità. Ho visto la provocazione.

Ma ho visto anche la determinazione, la resilienza, ho visto il rispetto.

E finalmente la consapevolezza. Il regalo più grande.

Non mi illudo che sia finita. Non lo è mai. Ma abbiamo messo un punto (cit. Gallo).

Bello grosso.

Buone Feste, a tutti

È stato allora che l’ho vista…

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Per età anagrafica nn sono, per così dire, “di primo pelo” ma neppure prossimo al prepensionamento. È il caso di dire che, seppure con le evidenti pregiudiziali del caso, barcollo ma nn mollo. Eppure oggi mi sn sentito improvvisamente vecchio.

Questa mattina, ancora “inzallanùto” di sonno, sono uscito da casa e ho avuto la netta sensazione che fosse arrivato l’inverno. Non riuscivo a spiegarmelo eppure anche la luce della bella giornata mi appariva un po’ lugubre. Ben presto ho capito: la potatura degli alberi dava al panorama un ché di spettrale.
Un po’ intristito e con una punta di ansia mi sn avviato verso l’ufficio. La strada, per essere un lunedì, era stranamente sgombra. Tutto mi appariva vagamente surreale. Sembrava la scena di una pellicola post apocalittica con Will Smith. Esterno giorno, tempo stupendo, la città deserta. Al Colosseo mi aspettavo quasi che un esercito di zombi salisse sull’autobus.
E invece no.

È stato allora che l’ho vista. Che ho visto Lei.
Caviglie sottili, gonna sotto al ginocchio, cuffiette iPod ultimo modello, borsetta agile, … altezza 140 cm, età over ’90, calze 900 denari (praticamente una muta da sub), mascella volitiva, capello alla Nicoletta Orsomando, bastone in lega leggera con luce a led incorporata, laccio da polso e gommino antiscivolo. Quasi mi aspettavo i Google-glass. Nn mi avrebbe meravigliato neppure vederla prendere posto con un triplo salto mortale.
La vecchietta Terminator 2.0. Quella che spedisce in traumatologia gli scippatori del caso. A guardarla l’ho subito immaginata madre inossidabile di almeno tre figli, opportunamente divisi tra incursori del reggimento di San Marco, granatieri di Sardegna e parà della Folgore.

Dopo poco il “mezzo” è ripartito e la vecchietta, dritta come un fuso, nn si è scomposta di un millimetro. Pareva attaccata a terra coi “fisher” (che a Roma chiamano “stop”).
Deve essere stato in quel momento che la mia sindrome da Peter Pan ha subito un colpo ferale. Quando quella sorta di Highlander ha attirato la mia attenzione e, con voce ferma e decisa mi ha chiesto:
“Qui c’è un posto, si vuole sedere???”

Keep calm and get back to work

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Manteniamo la calma… (cit. Rossella G.)

Diciamo che per attitudine ho dato, e ripongo tuttora, una fiducia smodata (sì, proprio come la Velocità di Balle Spaziali) nell’amicizia: un rapporto senza vincoli, senza obblighi, senza secondi fini. A fondo perduto ho detto a volte, ma forse proprio per questo più sentito e onesto di tanti altri. Molti dei quali opportunamente calcolati.
Intendiamoci non mi è andata sempre bene. Anche io ho preso le mie belle cantonate. Così come ho perduto amici che erano parte di me è li piango ancora oggi. Eppure sono arrivato alla conclusione che i rapporti tra gli esseri umani, belli o brutti che siano, si portano avanti in due. E quindi costituire il 90% di un rapporto è anch’essa una forma di egoismo. Un rapporto nn “con” un amico, ma a sua insaputa.
Detto questo però se dovessi fare un bilancio di questi ultimi anni posso dirmi davvero fortunato. Perché anche sul lavoro, oltre che fuori, ho avuto la possibilità di incontrare persone davvero speciali. E questo vale nn solo per i datori di lavoro (che per fortuna nn mi leggono) quanto per i miei colleghi, presenti e passati.
Lavoro da oltre 8 anni in una realtà dove il cinismo e l’opportunità vengono comunemente considerati la regola e i rapporti umani spesso hanno senso solo fino a quando fanno comodo. Eppure, forse come reazione a tutto questo, io ho trovato tante persone speciali (anche qualche soggetto ostico, ma questa è un’altra storia).
Professionisti che meriterebbero di dirigere questo Paese e che invece ne gestiscono quotidianamente le miserie. Eppure continuano ad amare il loro lavoro, anche se precario, anche se a volte frustrante, anche se a volte finisci in modalità “odio tutti”.

Questo post nasce per ringraziare le tante amiche e amici che rendono il mio lavoro più dolce ma può essere utile anche per capire cosa intendo quando dico che tornare al lavoro è sì sempre traumatizzante dopo l’estate, eppure per me lo è stato meno che per tanti altri.

Lavoro, magari buono, a tutti!

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