Ovvero: semel in anno licet essere se stessi?
Avete mai notato come le persone in viaggio cambino? Soprattutto se questo si svolge per lunghi periodi di tempo oppure, anche brevi, ma in solitaria.
È come se in queste occasioni alcuni cliché che ci siamo cuciti addosso venissero meno. Lasciando pieno spazio al gusto e alle necessità del momento. Con questo nn voglio dire che a casa siamo necessariamente una massa di ipocriti repressi che nn aspettano altro che un viaggio per “sfogare frustrazioni accumulate in settimana ad obbedire” (cit.). Dico solo che la condizione del viaggio in un posto dove nessuno ci conosce e dove magari siamo più rilassati, determina una maggiore serenità nell’essere noi stessi e nello scrollarci di dosso quelle convenzioni in cui nn crediamo – il ché, in definitiva, sarà pure la stessa cosa, ma in quest’ottica mi piace di più. Va bene!?
Mi piace osservare però che ci sn persone che nn hanno bisogno di stare lontani oltre 1000 chilometri da casa per liberarsi di tutte le pippe mentali che in tanti, a diverso titolo, ci hanno messo in testa fin da piccoli.
E così, seppure di martedì grasso e anche se siete a Vienna anziché a Venezia (ognuno Carnevale lo trascorre dove meglio crede), può capitarvi di vedere un ragazzo suppergiù di 25 anni per un metro e ottanta perfettamente vestito da tigre dei fumetti (Motro’ era proprio Tigro) che, con le sue belle cuffie ad alta fedeltà e il suo pelo arancione striato, sale sul tram e si siede come se nulla fosse nell’indifferenza più generale. Un mito.
La verità è che spesso, tranne forse proprio in viaggio o a Carnevale, quelli che portano una maschera siamo noi.