Magma

Il bisogno così grande e ancestrale del Mare, la calma e la serenità che l’acqua mi restituisce, forse derivano da una sensazione di Calore che da sempre mi divora.

Un Fuoco che mi affascina, che non so -e non voglio- spegnere ma neppure spiegare. Eppure so che brucia, arde e freme. Una sorta di apparente illogicità.

Ecco questa contraddizione, questa sciara che cerca costantemente il mare per trovare il bene, questo sono io.

Sono soltanto cose?

È vero, non bisogna attaccarsi alle cose. Bisogna lasciarle andare, come le persone. Ma, al pari di queste, a volte sono gli oggetti a restare attaccati a noi. Succede nelle case in affitto piuttosto che in quelle di famiglia, come negli uffici pubblici, tra una transizione e l’altra.

Piccoli e grandi oggetti con una loro indole e, soprattutto, una propria storia. Lasciati per fretta ma anche in ricordo (in eredità?) a testimoniare la moda o il gusto di chi li aveva acquistati e/o scelti per arredare, per rendere più “calda”, confortevole o anche funzionale una stanza.

Oggetti che se solo potessero raccontare e raccontarsi probabilmente traccerebbero storie degne di un romanzo. Poltrone, quadri, stampe, tavoli, sedie… bandiere. Ma a volte anche semplici sottomani, portapenne o tagliacarte.

Oggetti e arredi che presto o tardi anche noi lasceremo ad altri, magari per cominciare nuove avventure e, chissà, quelle cose forse un giorno parleranno di noi.

La Perla Nera

Cosa significa volere il bene di una persona? Perché ci adoperiamo perché le persone a cui teniamo siano felici? Quando vogliamo bene ad una persona perché lo facciamo? Ci aspettiamo forse di essere ricambiati? Perché ci teniamo così tanto affinché quel potenziale mostruoso – che noi vediamo così distintamente – possa realizzarsi?

Non so dare una risposta compiuta. D’altronde spesso anche l’affetto non è raziocinio. È intuito. Al massimo sensibilità. E io, forse perché sono un po’ sordo, sento.

Ma proprio per questo posso dire che ci sono persone che dapprima riusciamo solo a sentire. Come un’eco lontana. E poi, piano piano, riusciamo (o almeno proviamo) a capire.

Per comprendere le persone a cui teniamo però, spesso siamo costretti a destrutturare noi stessi. A fare nostre categorie che non ci appartengono, a uscire dagli schemi, a ribellarci a noi stessi e al nostro modo di pensare. E ci tengo a dire che come ribellione non è poca roba. È tutto questo perché noi dapprima crediamo, ma poi sempre più distintamente avvertiamo, che in queste persone c’è un tesoro. Parte di questa meraviglia la vediamo certo, ma sappiamo che è solo la sommità dell’iceberg. Il resto è lì. E ci basta guardare per un attimo oltre l’apparenza per vedere quale sconfinata bellezza c’è in ognuno di loro.

E la verità è che noi pagheremmo perché queste persone parlassero. Non dico tanto, giusto un poco. E invece niente. Eppure comunicano. A dirla tutta molto più di me che devo risolvere sempre tutto da solo. Queste persone invece lo fanno con i loro tempi e con i loro modi. Con le mani, con una bussola, passeggiando, seduti su di una sedia, a volte dietro provocazione (oppure per sfinimento), magari quando non chiedi. Eppure, ognuno di questi rituali, mi appare bellissimo e prezioso nella sua unicità.

Infine, volere bene a qualcuno ha implicazioni? Secondi fini?

No. Non deve e non può averne. Volere bene a qualcuno è fine a se stesso. E un giorno forse bisognerà essere pronti a lasciare andare le perone che amiamo per la loro strada, anche col sorriso, a costo di morirne. Perché altrimenti le implicazioni c’erano e i secondi fini pure. Buonanotte

Bello come il sole

Prendo il tram. Vecchio, metallico, scricchiolante al punto giusto ma di sostanza.

Mi piace il tram. A bordo tutto è un po’ rétro.

Ma oggi sono in una città elegante e funzionale. Piena di giovani rampanti freschi freschi di Pitti Uomo. Di abiti aderenti e pantaloni col risvoltino. Pochette sapientemente infilate nei taschini e doppi o tripli tagli di barbe e capelli molto hipster, ma poco intellettuali.

Però per una volta mi chiedo se non sono io quello sbagliato, che alla mia età vivrei in maglietta, quindi mi pongo con atteggiamento costruttivo a studiare i rampolli locali. Via i pregiudizi.

Mi trovo così a osservare con interesse l’indigeno che sale sul tram, tutto in tiro, abito candido senza una piega, non una goccia di sudore, fisicato e bello come il sole. Giusto un pizzico disturbato dall’arredo usurato del mezzo, mentre tiene a ostentare al cellulare quanto ha in banca, nonché nomi e cognomi del jet-set che frequenta.

In realtà quasi non si cura di quanto lo circonda. Non si cura del ragazzo con la polo grigia su cui sbatte salendo. Non si cura del tipo più anziano col codino un po’ sdrucito (che però evita come la peste) mentre questo lo supera per andare in testa alla vettura.

Vedo gente, faccio cose…

Ma a un certo punto l’incantesimo si spezza. Sento una voce chiedere: BIGLIETTO!? (è il tipo con la polo, è un controllore con tanto di tesserino).

E mentre già faccio mente locale su dove ho cacciato il biglietto obliterato poco prima, vedo con la coda dell’occhio “Bello come il Sole” che nello stupore generale inizia a correre da fare invidia a Bolt verso la testa del tram, dove è rimasta una porticina aperta. Difficile non notarlo. Difficile però anche perderne le tracce, vista la boccetta di profumo che gli si è rovesciata addosso al mattino. Mi fomento. Immagino già una scena da film del tipo con la polo all’inseguimento, ma resto deluso. Non serve.

Quello sdrucito col codino attende, col sorriso accondiscendente di chi ne ha viste tante, l’elegante fuggitivo. E dal resto del tram, tra una risata e uno sfottò, quasi scatta l’applauso mentre i due lo scortano a terra.

Che pena, milioni e milioni di business quando invece bastava un solo euro in più…