Milano, la città che ha fatto del suo nome un brand, oggi – primo maggio e giornata inaugurale di Expo 2015 – invece appare come il set di uno scenario post atomico.
Un deserto, grigio di cemento e nudo di persone. Strade vuote, metro vuota, esercizi chiusi, serrande abbassate, cani zero.
La sensazione, complice il tempo inclemente, non è quella di una giornata di festa, lenta di una calda e pigra sonnolenza. Quanto più quella grigia di un’afflizione disincantata.
Alla stazione di Porta Garibaldi alle 10 del mattino è ancora tutto chiuso, tranne un bar. Unici popolanti le forze dell’ordine. Polizia e Carabinieri sono schierati in notevole quantità, seppure in divisa e non in tenuta antisommossa.
Una presenza massiccia, pensata però più per scoraggiare e mostrarsi in una sobria eleganza, che per intervenire e sporcarsi le mani.
Ovunque, dagli edifici alle metro, dalle stampe sulle confezioni agli spot in TV, ogni cosa rimanda ad Expo. La sensazione di una campagna così totalizzante però, non è quella di una gioiosa promozione commerciale, quanto più quella strisciante di qualcuno che ci ha messo la faccia e che adesso ha paura che questo baraccone miliardario possa infine rivelarsi un flop, mostruoso.
E così, tra un “cappuccio” e una “brioche”, nella giornata in cui tutti, pare, debbano arrivare in città (perché al momento non c’è nessuno), NOI saliamo in treno e ce ne torniamo a casa, all’Esquilino.
Buon primo maggio a tutti!